Il giunco

Il profumo dei raccolti antichi – L’arte del giunco

La  sporta (o casciteddhra a secondo del dialetto) rappresenta l’oggetto simbolo della lavorazione del giunco nel basso salento. Oltre alla ceramica, infatti, la lavorazione del giunco, infatti, è sempre stato un elemento caratterizzante del Salento. In particolare di alcuni paesi (come Acquarica del Capo e Morciano) in cui si produceva la maggior parte dei manufatti (panari, sporte, fiscelle) realizzati a mano con fibre naturali. Sebbene la realizzazione finale di questi prodotti fosse appannaggio spesso delle donne, giovani o anziane, il contributo maschile era comunque fondamentale. Soprattutto nella fase di raccolta e di lavorazione. Infatti, la materia prima da cui si parte per la produzione è il giunco palustre (detto “palèddhu”). 
Si tratta di un’erba che cresce a ridosso delle paludi o delle dune vicino alle spiagge. Lu paleddu è caratterizzato da sottili steli verdi con un’altezza che può arrivare a superare il metro. Quindi gli uomini, di notte o nelle ore più fresche, raggiungevano le paludi di Avetrana, di Acaja o di Ugento. Arrivavano con dei carretti o in bicicletta per raccogliere il giunco e per poi far ritorno a casa solo dopo ore di raccolta sotto il sole. Dopo la raccolta, il giunco palustre doveva essere sottoposto ad alcuni trattamenti per renderlo più malleabile e flessibile, prima di poter essere lavorato. Il giunco veniva sottoposto ad una serie di passaggi: la bollitura, l’essiccazione e la zolfatura. Dopo un’iniziale bollitura, avveniva l’essiccazione (per circa due settimane in cui assumeva il tipico colore giallo). Solo alla fine si passava alla zolfatura processo in cui i giunchi, nuovamente bagnati, venivano appesi in stanze dove l’aria era intrisa di zolfo evaporato dalle pentole. Grazie alla zolfatura il giunco diventava ancora più morbido e dunque era pronto per essere intrecciato. 

A questo punto entravano in gioco le donne. Queste, sedute a terra su una coperta o un sacco di iuta, passavano ore ad intrecciare “lu paleddhu” realizzando, con grandissima abilità artigianale, dei magnifici cestini.
La tipologia di intreccio variava in funzione del tipo di prodotto da realizzare ma anche in base allo stadio di lavorazione: il fondo, i fianchi o l’orlo finale. 
Tra i prodotti più tipici realizzati in giunco ricordiamo: le sporte, le fiscelle ed i panari.
Le “sporte” erano utilizzate dai contadini per portare il proprio cibo da consumare durante la giornata in campagna. Le “fiscelle”, invece, erano contenitori per formaggio fresco. I “panari”, invece, sono dei tipici cestini in vimini e canniccio con unico manico arcuato, usato per la raccolte delle olive o dei fichi. In alcune zone più vicine al mare si relizzavano anche le “nasse” per la pesca in mare delle aragoste.
Attualmente, la produzione di questi prodotti è ridotta al minimo, anche se è ancora possibile trovare qualche anziana che lavora il giunco manualmente. Ultimamente, tuttavia, è capitato di osservare anche qualche giovane che ha sposato la cultura del giunco ed ha intrapreso l’arte e dell’intreccio. Questo fa aumentare le speranze che questa tradizione artistica salentina possa persistere e non scompaia proprio del tutto.
Presso Corte Manfredi, si possono incontrare diversi esemplari di antichi cestini e panari (6A), un tempo usati per la raccolta delle olive, olive di cui, ancora oggi, sembra di sentire l’odore…